mercoledì 17 dicembre 2014
lunedì 3 novembre 2014
venerdì 3 ottobre 2014
martedì 26 agosto 2014
martedì 22 luglio 2014
venerdì 18 luglio 2014
Alcune mie sculture.
Profilo. Pietra leccese e legno.
Anna Frank. Pietra leccese.
Paternità. Pietra viva.
Figura maschile. Bronzo.
Tancredi. Pietra leccese.
Donna con bambino. Bronzo e legno.
Anna Frank. Pietra leccese.
Paternità. Pietra viva.
Figura maschile. Bronzo.
Tancredi. Pietra leccese.
Donna con bambino. Bronzo e legno.
sabato 24 maggio 2014
L’espressione pittorica di Arturo Alessandri.
Ancora
un incontro con un genius loci. Figlio della cultura del proprio tempo, Arturo
Alessandri, ferrarese trapiantato a Monteroni, si muove con leggerezza nei
meandri della mente e trasforma idee e percezioni in creature che si
rappresentano come essenza di tensione
all’interno della cornice pittorica.
Il
forte cromatismo, che in maniera fluida si estende sulla tela, mantiene intatta
la propria dignità artistica e mai altera i contorni o la stessa tonalità.
Scrittura
artistica convulsa e frenetica, si identifica con lo spazio-tempo e lo
spazio-ambiente, diventando struttura e mediazione che immagino lunga e
ponderata, per poi esplodere come esercizio turbolento e spasmodico in una
apparente immediatezza.
Il
tratto ne evoca lo spessore psicologico e si configura nella netta
distribuzione temporale come percorso di crescita percettiva.
La
commistione di soggetti diversi è sintetica di questa convergenza ed illumina
la configurazione dall’interno.
Quella
di Arturo Alessandri è una scrittura polisemantica e polisistemica che indugia
in una sorta di rispettoso ossequio delle intenzioni che non sono nascoste
dietro fumi di metafore o di altro da se, ma si mescolano senza confondersi, si
allineano in una composta caoticità che è sintomatica del momento storico
contemporaneo.
Tutto
è parte funzionale alla realizzazione dell’opera e riprende ideali che fanno
convergere ricerca di bellezza e razionalità, delle quali egli intende
soprattutto la parte celata dietro il paravento di una negazione.
Nella
registrazione cerebrale del fatto esterno si percepisce un tentativo deciso di
uniformarlo alla propria percezione, della quale l’artista diventa strumento e
veicolo, pur quando la rappresentazione scenica rimanda ad un trasformismo
misterioso che infonde il quid dell’inatteso ed esplode in una visione che
irrompe divenendo proiezione inquieta.
Nella
complessità i personaggi-soggetto si incastrano in un’unica realtà visionaria
nella quale l’artista si immedesima lasciando trasparire un distacco calcolato,
mai completamente sopraffatto dal movimento convulso dell’intera costruzione
emozionale.
Egli
agisce con la forza dell’immaginazione che gli permette di creare una
totalizzante turbolenza di significati nella simbologia che muove da una
concordanza di elementi diversi seppur uniti dall’assenza di logicità
sequenziale.
Dalla
mancanza di una prospettiva il dubbio e la sospensione visiva rendono
essenziale l’enigma che investe l’opera in quanto rappresentazione di un’ansia
sottile di vivere e in essa si condensa a tinte violente quel percorso
artistico che soprattutto con William Blake raggiunse l’acme di espressione.
L’obliquità
sensazionale, esplosiva ed imperiosa è elemento totalizzante e centralizzante
nella koinè di elementi costitutivi, ognuno dotato ed intensificato nella
collocazione scenica predisposta dall’artista, il quale utilizza il materiale
strutturale ed umano per creare una corrispondenza tra l’intenzione ed il fatto
espresso.
Rabbia,
convulsione, negazione e fissità si rappresentano come elementi che veicolano
sentimenti di ossessione, come se la stessa realtà percepita e tramata nella
mente rimandasse immagini sconvolgenti pur nel momento di configurazione di
ordinaria quotidianità, vista come composizione di colori che non rimandano
tuttavia serenità, ma sono il risultato di una congerie di circostanze e
riflessioni che inducono a considerare nella prospettiva frontale l’insieme di
momenti vissuti con medesima intensità.
Sono
fatti di vita riconoscibili, pur nella sensazione vibrante di piccole finestre
aperte sulla propria dimensione individuale.
“Salentopocket”
25/03/2010.
Carmen De Stasio.
giovedì 17 aprile 2014
“La poesia è una musica infinita
che può alleviare le angosce o aiutare a comprendersi o urlare la rabbia in un
mondo di audiolesi. E’ ansia che scuote, è anelito prepotente, è esigenza di
vita che si svela nelle parole e nelle immagini in esse contenute. Si può
vivere di poesia senza mai morirne.”
A.Alessandri.
Questa è la mia idea di poesia. Comparirà sull'antologia "500 poeti dispersi" voume 5° assieme agli ultimi componimenti. Mi piacerebbe aprire un dibattito su questo argomento. Qualcuno vuole parteciparvi?
sabato 29 marzo 2014
martedì 4 febbraio 2014
domenica 2 febbraio 2014
Melfi 1977. Due amici si conoscono ed inaugurano una amicizia imperitura. Arturo Alessandri e Francesco Landolfo.
L'incontrarsi sul luogo di lavoro in una età che induce il sorgere di amicizie importanti, è stata l'occasione per il determinarsi di un legame amicale indissolubile. Uno sprovveduto potrebbe addirittura sospettare che questo episodio conviviale sia stata la genesi di una consorteria mafiosa e che l'espressione in primo piano voglia essere di disappunto per essere stati sorpresi, da un giornalista d'assalto, durante una riunione della "cupola" di appartenenza. Ma è il frutto di generiche mistificazioni indotte dall'aspetto vagamente malavitoso e dai baffi portati con ostentazione. Il soggetto in secondo piano (nello specifico Franco Landolfo) mostra un'espressione soddisfatta solo perché sta per arrivare la pietanza ordinata e non per il successo degli accordi intercorsi nel "meeting".
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